L’idea di pubblicare un libro è stata talmente inquinata e distorta che, quasi quasi, uno si vergogna solo a pensarci. Se non è un capolavoro, se non finirà per attrarre i grandi editori, se non diventerà un caso nazionale, se non avrà in copertina una firma celebre, se non vincerà qualche premio o qualche concorso, allora è carta sprecata, è solo vanità autoriale, è solo illusione ed egocentrismo.
Fortunatamente, l’idea di mettere in scena la micro tiratura del nostro libro fatto a mano con mezzi di fortuna, con tecniche di autoproduzione, riciclo, recupero, riuso, non è ancora morta del tutto.
Ebbene sì, ci sono ancora persone che intendono il libro come contenitore di storie, pensieri, visioni che possono circolare tra amici, amanti, colleghe, parenti, sì, anche in piccoli cerchi di affinità, sì, anche senza diventare delle star, anche senza vendere milioni di copie. Un libro che diviene testimonianza, che diviene prezioso ricordo.
Senza essere editori, da artisti, scrittori, riciclatrici, abbiamo realizzato su commissione microtirature che contenevano le vecchie lettere spedite e ricevute, che immortalavano il diario di bordo di un viaggio in moto, che offrivano poesie illustrate, o poesie in dialetto sulla Liberazione Animale, o poesie in memoria di un coniglio. Micortirature che mettevano su carta i testi teatrali di una compagnia, o il messaggio di una prof ai suoi studenti, o che pubblicavano il vecchio diario di guerra del nonno partigiano.
Facendo questo lavoro abbiamo maneggiato materiali che, sempre, contenevano messaggi profondi e speciali, che richiedevano cura e attenzione.
Non sempre e non solo la grande letteratura o la poesia immortale, a nostro parere, hanno il diritto a diventare libri, o, nel nostro caso, libelli creativi, perché se vogliamo davvero che il libro continui ad esistere, ad essere un patrimonio orizzontale, un contenitore universale, uno strumento libero e aperto dovremo anche accettare che tutti e tutte possano metterci le mani, in tutti i sensi!