CHIUDIAMO I CANILI!

PERCHE’ SCRIVIAMO QUESTO LIBELLO

Abbiamo iniziato più volte a scrivere questo libello e, più volte, l’abbiamo abbandonato.

CHIUDIAMO I CANILI! ci dicevamo, è un titolo che suona esagerato, provocatorio, un titolo che sembra fatto apposta per esser preso a mazzate.
E’ così facile criticarlo e fraintenderlo!
Il canile non piace a nessuno, certo, ma è necessario, indispensabile, come fai senza canile?
Dove li metti i cani vaganti, scappati, abbandonati, i cani di nessuno che insistono ad esistere fuori dalla classica idea di cane al guinzaglio, sul divano, in gabbia, a caccia, da guardia?

E anche se lo scopo di questo libello è proprio quello di provocare e pungolare, di combattere ogni forma di rassegnazione e sottomissione ai devastanti luoghi comuni che imperversano quando si pensa ai cani, avremmo comunque avuto addosso tutto il mondo del superficiale amore animalista, quello che, sui canili ritrova il suo ruolo e il senso della sua stessa esistenza.

Così mettevamo insieme le nostre considerazioni, le nostre ricerche, le nostre esperienze, ma poi, osservando la devastante situazione nel suo insieme, ci guardavamo negli occhi per chiederci: MA CHI CE LO FA FARE?!

Continuavamo a rimandare, a sperare che qualcuno lo scrivesse al posto nostro.
Magari qualche esperto cinofilo di ampie vedute, qualche etologa d’assalto, qualche filosofo provocatorio in vena di invettive antispeciste.
E allora aspettavamo, prendevamo tempo.

Però sentivamo anche, e con sempre maggiore urgenza, quanto fosse necessario aprire quella porta per far saltare in aria un concetto così vecchio, violento e vergognoso come quello del canile. Sentivamo quanto fosse basilare scagliarsi a voce alta e in modo esplicito contro quelle gabbie, contro quei box tutti allineati nella loro alienazione, quanto fosse importante ascoltare fino in fondo e per davvero quell’eterno, corale e disperato abbaiare che ti investe quando entri in un canile, che ti resta nelle orecchie finché campi.

In qualche modo, in qualunque modo, volevamo abbaiare insieme ai cani per dire che è ora di finirla. Volevamo sottolineare quel BASTA! in modo potente e ossessivo, proprio come quel loro eterno girare in tondo senza speranza. Volevamo uno scritto che finisse per infastidire proprio come quel maledetto odore di contenzione, malattia, prigionia, ingiustizia che emana da ogni canile.

Cercavamo di accontentarci cercando notizie e articoli sui cani liberi, sui cani di quartiere, sulle diverse dinamiche, interazioni e convivenze umano-cane che sembravano fatte apposta per aprirti la mente, per cercare di aprire quel varco sul muro dell’umano dominio e ficcarci dentro una diversa idea di cane. Ma CHIUDIAMO I CANILI! restava un tabù, una posizione che appariva così pesante da non permettere di trasformarla in quello slogan di liberazione che, secondo noi, avrebbe dovuto investire la questione animale per svegliarla dal torpore in cui si trova.

A dire il vero, una decina d’anni prima, ci eravamo già trovati alle strette in questa situazione.
Erano i tempi in cui la parola antispecismo non la masticava proprio nessuno, tempi in cui il veganismo esplodeva, ma la parola antispecismo la trovavi esclusivamente nei corposi e complessi trattati filosofici, opure la incontravi negli ambienti dell’attivismo d’elite, quello più impegnato e ristretto a pochi intimi. Durante i festival, i banchetti informativi, i presidi di sensibilizzazione, al sentirlo nominare, la gente ti chiedeva immancabilmente che cosa diavolo mai fosse questo benedetto antispecismo.

Così, alla fine, visto che non lo faceva nessuno, decidemmo di autoprodurre uno smilzo libello dal titolo inequivocabile: “L’antispecismo spiegato a mia mamma” che, ancora oggi, con la mole di informazioni e materiali sull’argomento che si trovano ovunque e nonostante sia un libro oramai del tutto superato, ci chiedono continuamente di ristampare.

Ma per tornare a CHIUDIAMO I CANILI! bisogna aggiungere che, abitando in Sicilia, era ben difficile pazientare perché la frequenza dei cani catturati e deportati verso i canili del nord ci spingeva irrimediabilmente a tornare sull’argomento. L’idea di CHIUDIAMO I CANILI! si ripresentava puntuale anche di fronte al continuo furto di cuccioli alle madri libere, di fronte ai post vigliacchi che fotografavano i branchetti istigando alla loro cattura (per il loro bene!) e rivelando a chiunque la loro posizione e le loro abitudini, esplodeva incontenibile quando sentivamo dell’ennesimo accumulatore seriale (o stallatrice seriale) che s’inventava l’ennesimo microcanile casalingo di fatto ben peggiore, fatiscente e allucinante di quelli ufficiali.

Poi c’erano i troppi cani rinchiusi a vita dietro ad un cancello che incrociavamo ad ogni passeggiata, la diffusa usanza di acquistare cani dagli allevamenti (come vedremo canili e allevamenti sono connessi in un unico disastroso disegno consumista che riduce il cane a oggetto), per non parlare delle notizie sconfortanti sulla gestione dei canili della zona dove, di fatto, finivano tutti i cani segnalati dai vicini e catturati dai vigili. Un panorama desolante e del tutto irriformabile che mostrava e dimostrava quanto non avesse alcun senso attendere e sperare in quel sol dell’avvenire che avrebbe fatto levare nuove voci, ben più autorevoli delle nostre, contro il concetto di canile. E così decidemmo definitivamente.

Non volevamo, però, scrivere un saggio nel senso classico del termine. Un saggio che fornisse delle tesi ordinatamente argomentate o delle timide proposte.

Sentivamo, invece, la necessità e l’urgenza di scrivere un libello provocatorio sin dal titolo che si schierasse radicalmente contro la mentalità, l’ideologia, la psicologia, l’etica e l’architettura del canile, che ne smascherasse l’inaccettabile ingiustizia e la sostanziale inutilità, un libello autoprodotto in cui poter sparare tutto quello che quotidianamente vedevamo e sentivamo, senza sconti e senza ipocrisie.

Avevamo proprio l’impressione che mancasse, che ce ne fosse un gran bisogno, che in tanti e tante lo aspettassero, ce l’avessero sulla punta della lingua e delle dita.
E quindi eccolo!

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